Scritto da: Maurizio Savigni
Premessa: in questo articolo andrò ad effettuare una riflessione parallela all'articolo della Nuova Sardegna.
Nell'articolo, La Nuova Sardegna titola: "Allarme turismo in Sardegna, mancano all’appello 25mila stagionali". L'articolo in questione, espone le criticità delle imprese sarde, nel reperire dei lavoratori cruciali nel settore turistico, per i mesi estivi. O per lo meno, si "limita" a fare ciò. Nella fattispecie si parla di cuochi, lavapiatti, pizzaioli, bagnini etc.
Si sottolinea la mancanza e/o carenza di questa categoria lavoratori, del fatto che le imprese stiano effettuando una ricerca quasi disperata (ed è vero) al fronte dell'arrivo dei flussi turistici.
In generale, nei quotidiani, non si evidenzia ad esempio, perché manchino "all'appello" 20/25 mila lavoratori stagionali nell'Isola.
Perché i lavoratori stagionali non si presentano più per la stagione estiva? La risposta è semplice quanto banale: conviene restare a casa, perché la retribuzione è scarsa; perché gli orari di lavoro sono massacranti a fronte di una misera busta paga (dove il più delle volte, il titolare dell'azienda non regolarizza il lavoratore e/o fornisce dei soldi "in nero" al lavoratore stesso, per non pagare le tasse).
Non ci vuole un mago, per chiedere in giro ad amici e conoscenti, del perché non si interessano a voler lavorare in Estate, ad esempio in Costa Smeralda.
Soprattutto i giovani, si sono stancati delle prese in giro e dell'essere trattati al pari degli schiavi. La stagione estiva è dura, massacrante di per sè, sotto tanti punti di vista, ma alle richieste stringenti dei datori di lavoro, ormai c'è una pretesa: UNA BUSTA PAGA "ONESTA", equa ed il non essere sfruttati.
Il più delle volte, i giovani sono sbattuti a lavorare per 12 ore al giorno, compresi straordinari, senza mai un giorno libero a settimana (al "massimo" mezza giornata). Il tutto per una "misera" busta paga di circa 1000 euro al mese (di cui spesso una parte viene data in nero).
E d'accordo che le aziende, se pagano 1000 al lavoratore, devono versarne altri 1000 di contributi allo Stato, ma non è altrettanto giusto lucrare sulla pelle di chi vuole lavorare.
I giovani che vogliono lavorare ci sono e sono tanti. Non vogliono il reddito di cittadinanza, ma una remunerazione onesta. Se però, la remunerazione lavorativa è scarsa, è palese che si preferisca percepire un sussidio senza far nulla a casa. Di certo albergatori e imprenditori, non sperino di trovare camerieri, aiuto cuoco, lavapiatti etc, per 3.50 euro all'ora. Per quel prezzo o si rimane a casa, o si fugge all'estero (dove le paghe sono migliori) o si va in stagione (come nel caso dell'Alta Gallura) a tagliare e trasportare sughero. In questo caso, conviene di più.
Chi va a tagliare e trasportare sughero, ha un contratto regolare ed una paga di ben 80/100 euro al giorno, per 8-12 ore di lavoro. È un lavoro duro, di fatica al pari di essere lavapiatti, ma è molto più ben retribuito.
I giovani inoltre, non vogliono più abboccare a questa vera e propria trappola del "sei giovane, non hai esperienza, quindi ti pago una miseria per lavorare". Il lavoro è sempre lavoro; ad imparare si impara ogni giorno e talvolta velocemente.
Inoltre c'è da aggiungere un fatto: chi va a fare la stagione, non ha diritto a nulla, il più delle volte. Ti ammali? Sei costretto a lavorare. Ti rompi una gamba? Sei licenziato, perché non puoi più lavorare. Vuoi mezza giornata libera perché lavori 7 giorni su 7 per 12 ore al giorno? Non ti viene data.
I dati dell'Ispettorato Nazionale del Lavoro, nei settori ristorazione e alberghiero, ci dicono che i 2/3 dei contratti di lavoro, sono irregolari.
I Sindacati, dovrebbero battersi di più contro lo sfruttamento e la schiavitù di chi va a lavorare in stagione. Dovrebbero battersi di più per i diritti dei lavoratori. Ogni tanto ho l'impressione che si voglia essere consapevoli, ma complici di quanto accade.
Insomma: lavoratori ben retribuiti si; schiavi delle strutture ricettive: anche no.C oncludendo, cito parte di 2 articoli della Costituzione Italiana, riferiti al lavoro.
Articolo 3: “...Ogni persona ha diritto ad un lavoro decente e dignitoso...” Articolo 36: “...Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del lavoro ".